Ho scelto di iniziare a vivere…

Il mio cammino di recupero dalla tossicodipendenza è iniziato all’OIKOS nel 2006 e nel ricordarlo mi sembra come se fosse ieri.
Le motivazioni che mi avevano spinto a provarci sono state il non voler finire per strada cacciato di casa dai miei, e lo scappare dalla paura di poter perdere mia madre malata e sofferente, nella certezza di poterle e potermi alleviare l’esistenza.
Di fatto, non è stato così.
In Accoglienza me ne stavo in disparte, osservando ed in apparenza rispettando le regole della struttura, solo per far sì che nessuno mi creasse problemi.

L’ufficio era per me all’inizio una stanza inutile. La prima a provare a farmelo vedere con altri occhi è stata Tatiana, con cui, nonostante la mia diffidenza e grazie alla sua pazienza, ho iniziato a farmi un po’ conoscere. Ed è stato così che poco tempo dopo, in crisi d’astinenza, bussai e ci trovai la responsabile: Angela, una presenza costantemente immancabile nei mio programma, una persona speciale che da quel giorno, quand’ero in lacrime, mi strinse le mani, mi entrò dentro con un calore ed un affetto materno che forse non mi ero mai permesso di sentire prima.

Ma ero cieco, dentro di me il tossico era ancora più forte e di lì a poco riesplose completamente, portandomi fino all’espulsione. Ancora fuori, questa volta ancora più solo, con quella paura di morire da cui scappavo correndogli incontro con l’eroina. È stato poi Lorenzo ad aprire le porte a quella piccola speranza e voglia di vivere che avevo dentro, con un dinamico più che un colloquio, che è stato il primo passo per trovare la mia motivazione.

Lorenzo e Aurora nonostante sapessero che non l’avevo detta tutta, essendo più volte ricaduto nell’eroina, mi hanno dato quella possibilità che mi ha portato ad essere qui oggi. Forse è stata proprio quella la condizione necessaria per gettare le basi nella scelta di iniziare a vivere.
Di lì a poco, prima delle feste natalizie, sono arrivato in Comunità.
Un impatto tremendo, non capivo proprio dove fossi, non riuscivo a riconoscere neanche le persone che avevo imparato a conoscere in Accoglienza e che mi avevano preceduto lì. Ho superato le feste tenendo duro, resistendo alla voglia di farmi aggrappandomi alla mia volontà.

Ma poi ho mollato: me ne volevo andare.

Da buon tossico vigliacco e orgoglioso non sopportavo più di sentirmi sporco e falso, piuttosto me ne sarei andato. Grazie a Gianni non l’ho fatto e, non riuscendo più a sopportare di non poter guardare Angela negli occhi, sono riuscito a dire a tutti della ricaduta durante l’espulsione e a ripartire con un piede diverso. Coi dinamici ho imparato a dare valore alle emozioni che mi vivo, a non reprimerle. A cominciare dalla rabbia, la mia parte aggressiva di cui avevo paura, che consideravo negativa e quando prendeva il sopravvento non riuscivo a controllare, la trasformavo solo in arroganza ed autodistruzione. Qui ho capito che è giusto che ci sia e quand’è nei giusti modi la posso condividere. Un passo avanti verso le emozioni che mi nascondevo con la rabbia l’ho fatto con l’Esperienza Verbale: “Aiutatemi perché con la mia presunzione scappo da quello che sento”. Anche grazie ad essa e soprattutto al confronto che ho intimamente compreso di essere una persona estremamente sensibile, che per paura del giudizio degli altri si nasconde dietro presunzione, orgoglio e menefreghismo, negandomi di esternare il dolore e perfino di sentirlo.
Lo show-down ha messo a dura prova questi miei meccanismi di difesa, ma sono riuscito a resistere al mio orgoglio e, dopo nove giorni di sofferenze e solitudine silenziosa, ho iniziato ad assecondare quel bisogno di amore e di affetto di cui ora sento di non poter più fare a meno. Un passo decisivo nell’accettazione della mia parte più intima e fragile è avvenuto nello statico sull’affettività in cui, avvolto in un caloroso abbraccio di Angela, ho pianto come mai prima, sfogando un dolore soffocato per anni per la morte di un mio amico ed insieme per il mio sentirmi inutile agli altri e quindi a me stesso.

Proprio ad accrescere la mia autostima è servito l’ultimo periodo di Comunità in cui solo, col ruolo, mi sono trovato a cercare di mandarla avanti, facendo il possibile per essere dove necessario e nello stesso tempo trovandomi a fare i conti coi miei limiti. Come del resto è stato in Accoglienza, tornatoci dal Rientro per fare il capogruppo. Rifare i conti brutalmente con il passato, lottare con la mia parte tossica e vivendo con la paura che niente fosse cambiato, contemporaneamente provare a dare una mano a chi come me, voleva provare ad uscirne.

MP-7

Il Rientro è iniziato così: avevo imparato e lì dovevo mettere in pratica; è stata ed è tuttora molto dura. È stato qui che ho trovato e conosciuto una delle persone più importanti del mio programma: Simone, un amico, un fratello maggiore che mi ha aiutato a fare mia questa scelta di vita.
Il Rientro è stato periodo più difficile, ma anche e proprio per questo, il più bello ed intenso dell’intero programma. La ricerca di un equilibrio tuttora difficile da seguire con costanza tra due modi d’essere, due parti non disgiunte ma unite: quella emotiva e quella razionale, che spesso si scontrano e si contraddicono, ma tutte e due insieme parte di un unico Io, quel me stesso che a testa alta riesce ad andare avanti sopportando il peso delle responsabilità.
Il momento della conferma e della riconquista: il lavoro, l’autonomia, l’amore, la famiglia e l’amicizia. Tutte cose che mi sono riguadagnato al Rientro e per cui lotto giornalmente per tenermele strette, anche sbagliando, ma fermandomi e cercando di capire dove e perché.
È qui che riservo un posto speciale alla mia ragazza che mi ama per quello che sono e che io amo allo stesso modo, di un sentimento che non credevo potessi provare. L’ho conosciuta passando in fase C ed ogni giorno, da quel momento, mi aiuta a crescere e maturare, anche sopportandomi nei momenti difficili.
La famiglia: mia madre che ora sta bene, ha superato la malattia recuperando la sua tranquillità, a cui sono stato sempre molto legato e adesso ancora di più. Mio padre, una persona ed un amore che pensavo di non volere, mentre ora, in alcuni momenti non averlo vicino mi manca terribilmente. È stato un lavoro molto duro, iniziato coigruppi in Comunità e proseguito al Rientro, che mi ha restituito con fatica e la volontà di entrambi un punto di riferimento, un appoggio ed insieme la capacità di non odiare me stesso e gli altri smettendo di disprezzarlo, bensì, accettandolo per com’è, con pregi e difetti in cui mi specchio completamente. Con loro tra discussioni e litigi ho riguadagnato il rispetto, l’autonomia economica, un buon grado di fiducia e soprattutto la chiarezza che viene dal dialogo, anche se ci vediamo poco.
Altra parte importante la costituiscono le amicizie, senza le quali sarebbe difficile andare avanti: tutte persone speciali che porto sempre nel cuore ed hanno trasformato il mio modo di sentire la solitudine.
Tutti questi sono quei valori che ho riscoperto miei nel profondo e che da tanti anni non pensavo più mi potessero appartenere. È proprio tutto questo che nel dialogo interiore con me stesso mi aiuta a rinnovare ogni giorno la scelta di seguire quella voglia di vivere che ho li dentro.
Sono anche la mia forza che dovrò mettere per affrontare un altro problema: l’alcool. Ne sono attratto perché mi piace, perché ho voglia di sentirmi meno diverso da tutti e perché asseconda il non voler sentire emozioni che non mi piacciono e da cui ancora, a volte, mi viene da scappare. Per tutti i motivi per cui mi piace ne sono spaventato; per di più perché si potrebbe riaccendere quella sfida con una sostanza che può riportami dove è iniziato il mio programma, alla fine della vita.

Cercherò di riaffrontarlo per gradi, accettando la mia diversità anche in questo e continuando a darmi dei limiti, ascoltando la mia voglia di vivere, con la capacità di mettere in discussione gli errori.
Ho la consapevolezza che per continuare a fare una vita sana dovrò ancora lavorare molto sull’accettazione della mia parte più fragile e bambina, che vive di timidezza, vergogna, insicurezze e paure, e che, tuttora per non volerla sentire evito di mostrare.

Divento pigro e presuntuoso, per giustificarmi il non agire e il non voler sentire la paura di non farcela, che fa tornare a galla quanto ancora effettivamente sia io attratto dalla vita di prima, e quanto poi questo mi spaventi.
La parola d’ordine è umiltà, che mi ha permesso di arrivare fino a qui e se mi permetterò di continuare a sentirmela addosso mi aiuterà a vincere pigrizia, presunzione ed egoismo, per guardarmi intorno e continuare a farmi aiutare, mai più solo, perché sento di valere, di avere diritto e soprattutto di aver bisogno.

 

One Response to Ho scelto di iniziare a vivere…

  1. lalla ha detto:

    Che bello quello che hai scritto, grazie

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