Convegno Oikos Onlus

Lo scorso 20 giugno si è svolto, presso l’Hotel Federico II di Jesi, un Convegno organizzato dall’Associazione Oikos dal titolo: “La valutazione dei processi e dei risultati delle comunità terapeutiche per persone tossicodipendenti . Ricerche empiriche, criticità e prospettive future”.

Per un giorno, di nuovo, i riflettori del mondo medico ed educativo, si sono accessi sulle Comunità Terapeutiche Residenziali per la cura delle dipendenze patologiche. Dopo che per lungo tempo queste strutture di cura sono state appannaggio più del dibattito politico che di quello scientifico, il convegno ha riportato l’attenzione sui contenuti riabilitativi e di cura delle Comunità.

Questo aspetto è stato subito sottolineato nelle sua introduzione proprio dal Presidente dell’OIKOS, Don Giuliano Fiorentini che ha ribadito, dopo aver fatto una breve storia della nascita delle Comunità Terapeutiche fino ai giorni nostri, che: “ la comunità offre interazione e integrazione ben ordinate e gestite; e ciò non ha niente a che fare con ideologie o polemiche, che ancora imperversano sulle comunità”.

 La Comunità quindi come luogo di cura dove la persona dipendente può vivere in un ambiente distaccato e protetto dalla quotidianità del vivere, come momento fondamentale e forse inevitabile per far riemergere la persona dall’abisso delle sostanza. Una struttura, è stato più volte sottolineato dai relatori partecipanti, che deve avere caratteristiche di cura diverse per risponder al meglio alle molteplici situazioni personali e sociali cui deve far fronte.

Questo concetto è stato espresso anche dagli esponenti del mondo psichiatrico (Ciccioli, Correale e Clerici) che hanno ripercorso la nascita all’interno delle comunità della presa in carico di quelle persone definite in “doppia diagnosi”, cioè dipendenti e con evidente comorbidità psichiatrica (in America, oltre un terzo dei soggetti con una storia di abuso o dipendenza da sostanze e/o alcol ha un altro disturbo mentale in comorbidità),  che spesso provengono dai servizi pubblici psichiatrici che non riescono a far fronte a questo tipo di utenza e che trova “ricovero” invece all’interno del variegato mondo delle comunità terapeutiche quasi prevalentemente del terzo settore.

Proprio perché da alcuni anni il problema della “doppia diagnosi” interessa in modo crescente sia i Servizi per la Tossicodipendenza, le Comunità Terapeutiche e i servizi psichiatrici italiani (DSM), il Prof. Clerici ha sottolineato come: “Sono state soprattutto le comunità terapeutiche ad offrire in Italia – negli ultimi decenni – un’ampia costellazione di opportunità per la presa in carico e la riabilitazione di soggetti affetti dalle più diverse problematiche di abuso e dipendenza, nonché dei disturbi mentali concomitanti (in particolare disturbi di personalità), integrandosi progressivamente tra le due tipologie di Servizi esistenti (salute mentale e dipendenze)‏ ed offrendo un ampio spettro di programmi: tradizionali, specialistici “doppia diagnosi”, moduli “doppia diagnosi” all’interno di programmi tradizionali ed a partire dagli stessi principi di base, ma adattati alla tipologia di utenza”.

Un bel riconoscimento da parte del Prof. Clerici del grande lavoro che le CT negli anni hanno fatto per risponder al meglio alla più complessa domanda di cura che proveniva dal territorio. Lo stesso Clerici ha poi descritto come dovrebbe essere un servizio ideale:Profili professionali diversi, operatori formati sia nell’abito della psichiatria che delle tossicodipendenze, diagnostiche “rapide” per uso di sostanze e procedure definite per disturbi mentali, disponibilità di strutture intermedie diversificate e attivazione dei Servizi a “rete” “

Non meno interessante è stata la parte relativa alla valutazione degli esiti d’intervento in comunità terapeutica, nocciolo centrale del convegno. I relatori hanno cercato di fare la sintesi sia dell’attuale letteratura sia entrando nel difficile e complicato mondo delle comunità che si sono modificate nel loro assetto educativo terapeutico seguendo, per quello che è stato possibile, la velocità di cambiamento degli usi e stili d’abuso e delle persone con caratteristiche dipendenti.

In sostanza  è possibile enumerare e paragonare i fattori di cambiamento e di miglioramento che le relazioni protette instauratesi nella CT hanno dato vita: sempre e comunque un’opportunità e un beneficio per il residente.

In video conferenza è intervenuto anche Giovanni Serpelloni, già Capo Dipartimento delle Politiche Antidroga del Consiglio dei Ministri, che si è soffermato sulla valutazione iniziale e finale dei trattamenti, sia in Comunità che nelle strutture di cura pubbliche. Un iter complesso che andrebbe applicato con metodo avendo ben chiari, per valutare gli esiti e i risultati, ciò che è stato fissato negli indicatori presi in esame.

Insomma si è ritornati a confrontarsi, a dibattere e a ri-conoscersi.

Per riflettere sulle buone prassi e sul lavoro congiunto tra Servizi Pubblici e Comunità accreditate del privato sociale.

Il mondo delle comunità terapeutiche, complesso e multiforme, è di nuovo pronto a cambiare…

 

plenaria

 

 

 

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