Mi avete accolto che ero morto dentro

Un giorno i miei genitori mi dissero: “Domani c’è il colloquio con Lorenzo” … Ci sono andati da soli. … Beh se non fosse stato per loro non sarei di certo qui a scrivere. Abusavo di droga di qualsiasi tipo da circa 8 anni e di eroina da 4, 2 anni e mezzo di Sert e metadone, ma purtroppo non ascoltavo nessuno; forse era troppo difficile ammettere di essere nei guai, avevo tanta paura di perdere la mia ex ragazza.
Forse avrei anche voluto uscire fuori da quell’inferno, ma le mie azioni, le mie scelte non venivano da me,  ma dettate severamente da quella merda di polvere marrone che da troppo tempo scorreva nelle mie vene.

Andando avanti le cose peggioravano, guai sempre più seri, casini sempre più grossi. Erano appena passate le vacanze di Natale e qualcosa cambiò. Tutto avvenne velocemente, senza nemmeno accorgermi mi trovai a girovagare senza meta per il paese, io, il mio cane e una spada sempre pronta ad aiutarmi a far finta che tutto andava bene. Ricordo ancora quel pomeriggio freddo di gennaio, ero a piedi, andai sotto il ponte e mi feci.
Piovigginava anche il cane mi guardava in maniera strana, nemmeno la roba riusciva più a coprire tutta la solitudine ed il dolore che mi circondava cosi, con le lacrime agli occhi, mi avviai verso casa e visti i miei dissi: “voglio andare in comunità”. Ed iniziai l’avventura. I giorni passavano e quella forte motivazione piano piano svaniva, cosi l’idea era di riprendermi, togliere il metadone e tornare dalla mia ex.

Per quanto possibile cercavo di affidarmi agli operatori ma non era facile, intanto il tempo passava e mentre il metadone scendeva, mi affezionavo sempre di più alle persone che erano li a lottare con me. Smisi di prendere metadone e dopo 15 giorni passati in maniera disumana, ero vivo! Angela Tatiana e Francesco erano stati sempre al mio fianco, i sentimenti che provavo erano fortissimi, bastava niente per farmi sorridere e allo stesso tempo bastava niente per farmi male. Ero tanto spaventato, non avevo mai ‘sentito’ così, ma in fondo mi piaceva e cosi la decisione di andare avanti.
Il 17 luglio accompagnato dai fedelissimi babbo e mamma ero lì, Comunità OIKOS a Serra de Conti. In tutti gli anni di tossicodipendenza mi chiedevo quanto erano messi male i ragazzi che stavano lì. Ora c’ero anche io. L’impatto con la comunità fu fortissimo, conoscevo quasi tutti, ma non mi trovavo a mio agio, mi chiedevo spesso perché stavo ancora lì e le uniche risposte che mi davo erano per non far soffrire la mia famiglia e per tornare con la mia ex.
Non mi rendevo ancora conto di quanto avessi bisogno del programma e delle persone che stavano lì, così portavo avanti in maniera scrupolosa tutti gli impegni e mi nascondevo dietro ad una montagna di giochi e risate.
Ma oltre alle mie pagliacciate non avevo nient’altro. Vedevo gli altri che parlavano, io oltre a 4 cazzate, non avevo niente da dire, si urlavano in faccia al dinamico, a me nessuno mi faceva arrabbiare.. Mi sentivo tanto solo. Presi coraggio ed andai a parlarne con Gianni e mi diede la mia prima direzione: “parlare ogni giorno con una persona diversa di come stavo in quel momento”: lo odiavo, ma provai e dopo qualche giorno vedevo che le

persone non erano poi così diverse da me.
Stavo un pochino meglio, forse anche affascinato da quel nuovo mondo che stavo scoprendo, era scattato qualcosa dentro di me che mi diceva di andare, di vedere, di provare, ma inconsapevole che da lì a poco sarei andato a star male seriamente.
Per fortuna non ero solo, mi dava tanta forza l’affetto degli operatori, Lucia ormai era diventata mia sorella e amica, Angela la mia mammina, Tatiana la mia sicurezza, Antonella la comprensione in persona e grande motivatrice, Gianni la sapienza.
E presa consapevolezza e fiducia di tutti, non restava altro che andare avanti, in campo provvisti di pazienza e tanta buona volontà. E via ai posti di combattimento. Di lì a poco arrivò la prima esperienza, dire a tutti i gruppi se mi ero rispettato o no. Era quasi assurdo, tutti mi confrontavano e parlavano di questo rispetto, ma che io facevo fatica a capire ed era anche doloroso da capire. Quell’esperienza alla fine mi aveva aiutato a capire che se mi rispettavo stavo meglio, mi sentivo più libero, ma ancora qualcosa non andava, non sempre mi rispettavo e soprattutto mi arrivò addosso la consapevolezza che per questi motivi avevo sempre sofferto. Così la decisione di fare la comunità, non per la mia ex, non per i miei genitori ma per stesso.

Ora stavo male davvero e mi diedero un’altra esperienza: “aiutatemi perchè ho paura di non piacervi”, era proprio così. Sono passato nel dolore, nella rabbia, ma avevo capito e stavo lavorando per risolvere il mio problema più grande. Ho iniziato ad affrontare i dinamici, anche io mi sentivo in diritto di dire mi fai male, gli statici, che mi hanno aiutato ad esprimere tutto il dolore e la rabbia che portavo dentro da anni, i gruppi misti che mi hanno fatto vedere tutta la disponibilità e soprattutto la comprensione dei miei, il mio primo abbraccio con mio fratello al chiarimento, prima nemmeno gli parlavo.
Di grande aiuto anche il ruolo, difficilissimo da portare avanti, ma utilissimo per capire che anche se a volte per qualcuno rimanevo ‘scomodo’ ero sempre io e le persone mi volevano ugualmente bene.
Avevo scoperto ed affrontato la cosa che avevo tenuto segreta e che più mi aveva creato disagio per tanti troppi anni. Era ormai ora di lasciare la comunità. È stato dolorosissimo lasciare quel posto così speciale, ma era ora di andare avanti. Il rientro è stato il posto dove ho dovuto mettere in pratica quello che avevo imparato in comunità, forse è stata la parte più difficile.
Di grandissimo aiuto per me c’è stato Simone che mi ha spronato in tutti i modi, a volte anche in maniera brusca, ma mi ha aiutato veramente tanto, con Zelinda bellissimo, teoria della carota e bastone, gli dicevo una marea di cazzate e giù risate, poi quando non rideva erano guai. Ma aveva sempre ragione. Carmelo mi ha sempre ascoltato tanto, mi arrivava la sua fiducia e mi ha sempre lasciato tanti spunti di riflessione. Lucia è sempre rimasta la mia sorellina e amica. La fase di rientro è stata molto importante, perché in ogni decisione, in ogni situazione da affrontare o semplicemente in una giornata storta, ho sempre trovato sostegno, una bella parola o un consiglio ed io sono riuscito ad andare avanti ed ho scoperto che anche io riesco a fare tanto, che se voglio posso.
Ed ora credo in me, credo che la vita è tanto difficile e spietata ma credo che ora posso viverla anche io, ho una casa che faccio tanta fatica a portare avanti ma ce la faccio, credo in Dio, da quando sono in programma ho chiesto aiuto tutti i giorni, credo nell’amicizia e sono proprio le amicizie che mi fanno star meglio anche se su questo sono molto incoerente. Fuori dal programma ho costruito molto poco, ma per ora mi accontento perché sono 3 persone, ma affidabili e so di poterci sempre contare; con quelli del programma faccio un tira e molla, quando vedo situazioni che non mi piacciono mi allontano, quando le cose mi piacciono mi riavvicino. Lo so sono vigliacco e paraculo, ma ho tanta paura del negativo, ho paura dì cadere anch’io in situazioni non idonee e mi tutelo così. Per quanto riguarda l’affettività sono una frana. Ho avuto una relazione con una ragazza, ma le cose non potevano andare, per quanto difficile e sofferta è stata bella e mi ha fatto crescere molto..ora mi dico che sono in attesa della dolce metà. Probabilmente è una cavolata che mi racconto per non affrontarmi, ma è anche vero che non mi piace andare a donne in giro, l’ho fatto per tanti anni, ma non ero io, non sono così e quindi aspetto la situazione giusta anche se una ragazza mi manca. Con la mia famiglia tutto è cambiato, sono autonomo per quanto riguarda il lato economico, ma dipendente perché non posso fare a meno di raccontargli tutto, sento che iniziano a fidarsi di me e sono felicissimo; con mio fratello e sua moglie ho un rapporto favoloso, mi hanno sostenuto, aiutato e voglio a tutti un mondo di bene.

I miei punti di forza sono la mia famiglia, sono io perché ora mi voglio bene, l’allegria e la voglia di ridere, a volte la uso per non sentir, ma ne sono consapevole, mi sento responsabile e cresciuto: ho voglia di vivere.
I miei punti di fragilità mi appartengono: sono completamente sensibile e fragile. Tutto mi spaventa e tutto mi mette in difficoltà ed io non devo far altro che accettare quello che sono e non smettere mai di lottare tutti i giorni anche per la cosa più stupida. Da oggi potrò bere ed io so molto bene cosa mi da l’alcool, mi toglie tutte le paure mi fa vedere il mondo più facile e divertente.
Per ora non scelgo di non bere, ma scelgo di usare l’alcool non per coprire le difficoltà e le emozioni e scelgo di continuare a confrontarmi perché in caso non riuscissi a gestirlo dovrò fermarmi in tempo. Mi sento molto motivato in questo perché il mio passato non lo dimentico mai è sempre al mio fianco. Non è stato facile: avevo 24 anni quando sono entrato, 26 ora che esco. La tossicodipendenza non la auguro neanche al peggior nemico di questa terra, non voglio mai più provare un’esperienza del genere. Non mi considero fuori da tutto, anzi non mi considero fuori da niente, perché ho fatto tanto, ma ancora tanto è da fare e costruire; ho finito la comunità ma il programma per me dura tutta la vita cercando di portare sempre con me quell’enorme bagaglio di consapevolezze, valori e regole che mi sono state insegnate.

Grazie a me stesso che ce l’ho messa tutta, grazie alla mia famiglia che non si è mai stancata ed ha fatto il possibile ed un grazie con enorme abbraccio a tutto l’OIKOS la mia seconda famiglia.
Non so descrivere ciò che provo pensando al programma e tutti gli operatori, ma è qualcosa di tanto forte… mi avete accolto che ero morto dentro, che penso sia la cosa più brutta.
Mi avete tenuto con voi… ora sono vivo!! Vi voglio troppo bene.

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